Gli animali e la caccia nell'immaginario di Francesco Maria II della Rovere. Ediz. illustrata

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Editore: De Luca Editori d'Arte
Collana: Immaginare i saperi
Codice EAN: 9788865575772
Anno edizione: 2024
Anno pubblicazione: 2024
Dati: 432 p., ill., brossura
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Descrizione

Principe filosofo, come lo definì Torquato Tasso, Francesco Maria II della Rovere aveva un rapporto viscerale con i libri e con la natura. Nella sua biblioteca a Casteldurante non mancava quasi nulla per approfondire lo studio di ogni specie vivente, a partire dall’Historia Animalium di Aristotele, di cui promosse la prima traduzione volgare. Pietro Candido Decembrio, Conrad Gesner, Pierre Belon, Ulisse Aldrovandi, Pietro Andrea Mattioli sono solo i più importanti tra gli autori collezionati. Il mondo animale, e il suo immaginario, si riaffacciano continuamente nei resoconti di viaggio (Ramusio), nelle bibbie e negli scritti spirituali (Bartolomeo Ricci), nei trattati di veterinaria, nelle raccolte di imprese (Giovio, Capaccio) e di personificazioni (Ripa), negli emblemata (Alciati) nei manuali per la caccia (Raimondi). Il duca amava contemplare la natura nelle selve di Casteldurante, nella villa di Monteberticchio o al Barco. Qui, vivendo come un anacoreta, si metteva in ascolto del canto degli uccelli o assisteva compiaciuto alla nascita dei daini. Ciò non contrastava con la sua predilezione per l’arte venatoria, praticata ma anche messa in scena attraverso rappresentazioni visive o letterarie. Esercizi nobili riservati al Principe e alla sua corte, le cacce si trasformavano in atti di possesso e di governo del territorio del ducato, manifestazioni simboliche e archetipiche della supremazia sulla “bestia immane”, una sfida reale e allo stesso tempo immaginaria. A valle di un intenso percorso di ricerca, si propone infine un thesaurus e un metodo per lo studio degli immaginari storici da applicare alle future indagini. Gli studi raccolti in questo volume si muovono tra le scansie della biblioteca dell’ultimo duca di Urbino, quasi un’accademia fondata nei tempi opachi che precedettero la devoluzione (1631). Un caso studio poco noto per la storia dell’iconografia naturale che – passando per il museo di Athanasius Kircher – approderà più tardi all’illustrazione enciclopedica di Diderot e D’Alembert.