Palos, Spagna, agosto 1492. Nuno ha sedici anni, ed è un granchio. O almeno questo è il soprannome che gli ha dato sua madre, morta pochi mesi prima, di cui Nuno conserva un ricordo che è dolore e luce insieme. Pur vivendo sul mare, Nuno non ha mai desiderato solcarlo, e preferisce guardarlo restando aggrappato alla terra, proprio come fanno i granchi. Finché, per una serie di circostanze tanto sfortunate quanto casuali, deve imbarcarsi su una nave di cui ignora la destinazione. Si tratta della Santa María, a bordo della quale Cristoforo Colombo scoprirà – per caso e per sbaglio – il Nuovo Mondo. Mentre Nuno si renderà conto, lui che di navigazione non sa nulla, di condividere lo smarrimento coi suoi compagni molto più esperti: tutti spaventati da quell'impresa folle e mai tentata prima. Avendo imparato dalla madre a leggere e scrivere, Nuno diventa lo scrivano di Colombo, e trascorrendo ore ad ascoltarlo sente crescere l'entusiasmo per i grandi sogni di questo imprevedibile esploratore visionario. Attraverso lo sguardo di Nuno, percorriamo il viaggio più importante della storia dell'umanità: i giorni infiniti prima di avvistare terra, fino alla scoperta di un mondo nuovo, una nuova umanità, una nuova, diversa possibilità di intendere la vita. In questo Paradiso Terrestre, Nuno imparerà quanta ferocia, quanta avidità possa motivare le scelte degli uomini, ma anche la forza irresistibile dell'amore, che lo travolgerà fino a sconvolgere i suoi giorni e le sue notti. In questo romanzo, Fabio Genovesi non solo ci racconta la navigazione di Colombo come mai è stato fatto prima, ma ci cala dentro una grande avventura umana, esistenziale e sentimentale, che si snoda attraverso imprese, amori, crudeltà spaventose e improvvise tenerezze, svelandoci come dietro la scoperta occidentale delle Americhe si nascondano violenze, soprusi e malintesi, ma soprattutto l'insopprimibile, eterno istinto degli uomini a prendere, consumare e distruggere tutto, persino se stessi.
Proposto da Concita De Gregorio al Premio Strega 2024 con la seguente motivazione:
«Oro Puro è un grande romanzo di mare. Di viaggio e di mare, per mare: non ne sovvengono alla mente molti nella letteratura italiana del Novecento, come se gli scrittori della penisola avessero voltato le spalle all’acqua che tutto circonda se non immergervisi di tanto in tanto per diletto, talvolta con spavento, o per meditare l’orizzonte dalla riva. Come se il mare fosse del Paese un magnifico e temibile accessorio, tutt’al più luogo di fatica, di lavoro e di disgrazia. Rare le eccezioni, sovente poco note. Fabio Genovesi, nato e cresciuto in Versilia dove vive, racconta la più celebre traversata della storia con gli occhi e la voce di Nuno, mozzo sedicenne. Nei diari di Cristoforo Colombo si legge che al momento del naufragio della Santa Maria, la notte di Natale, al timone c’era un giovane inesperto. “Mezza riga, niente di più. Ci ho messo quindici anni per trasformare quella mezza riga in un romanzo. Come si chiamava, chi era, cosa faceva lì?”. L’errore che avrebbe cambiato la rotta della storia moderna, dunque la forza dell’errore. L’impotenza degli uomini superbi, convinti di scrivere il proprio e l’altrui destino. La fatalità, invece. Quel che accade per caso o per sbaglio e che da quel momento in avanti ci definisce, ci colloca e ci nomina. Neppure Colombo, lo sappiamo bene, sapeva dove fosse arrivato. Figuriamoci il mozzo. E invece è proprio il ragazzo a definire il senso di questa grande storia corale e collettiva. [...]»