Un Manzoni trasgressivo, lontano dalla figura impolverata e un po' bigotta che, purtroppo, a volte si spiega a scuola. Un Manzoni prima uomo e poi scrittore, che Eleonora Mazzoni ci racconta intrecciando le pagine dei Promessi sposi con una biografia costellata di slanci arditi, delusioni cocenti e brucianti amori. Il Manzoni, sempre chiamato con l'articolo a precedere il cognome, che immaginiamo da studenti è un uomo perennemente di mezz'età, dallo sguardo grave e un po' assente, simile a quello ritratto da Francesco Hayez in uno dei suoi dipinti più celebri. Un uomo che difficilmente riesce a ispirare simpatia, così come difficilmente può ispirarla il suo capolavoro, I promessi sposi, che da adolescenti svogliati sorbiamo come una medicina amara da ingerire perché «fa bene». Ma, leggendo con attenzione le milleottocento lettere che ci ha lasciato e le testimonianze di familiari e amici, Manzoni risulta molto diverso da così. Conversatore ironico e affabile, all'avanguardia su tutto, animato da un ardente fuoco politico, da giovane fu ribelle e libertino, rimanendo inquieto per tutta l'esistenza. Anzi, una volta diventato scrittore, Alessandro, chiamiamolo per nome adesso, riversò la propria inquietudine nella sua opera, come pochi altri hanno saputo fare. I promessi sposi riflette, infatti, tutte le passioni che hanno agitato una vita avventurosa e piena di tumulti emotivi: l'abbandono materno, l'assenza di un padre, il travaglio spirituale, la lotta civile per un'Italia unita e libera dall'oppressore straniero. Un grande romanzo popolare, attraversato da uno spirito indomito, capace di penetrare gli esseri umani e il loro cuore. E di scuotere ancora oggi la nostra anima.
Proposto da Filippo La Porta al Premio Strega 2024 con la seguente motivazione:
«Il cuore è un guazzabuglio di Eleonora Mazzoni è un saggio di miracolosa freschezza e acume interpretativo, travestito da avvincente racconto biografico (in sintonia – noto per inciso – con il recente orientamento dello Strega verso un gusto della narrazione come “spiazzato”, rinvenibile in ogni genere letterario). Eleonora Mazzoni non è una studiosa di letteratura, né una specialista di Manzoni. Ma l’ha voluto raccontare con la sua immaginazione ed empatia di scrittrice liberandolo da ogni polverosa monumentalità. Ne rilegge i testi, sottolineando alcune verità meno ovvie e rivivendone le passioni (anche attraverso un uso “funzionale” del gossip). Ad esempio: nei Promessi sposi “i legami elettivi si rivelano più procreativi dei legami di sangue”, tanto che nella scena del lazzaretto troviamo capre che allattano bambini e madri che danno da mangiare ai figli non propri: nel paese del familismo amorale l’immagine “eversiva” di un affratellamento ben oltre i confini della famiglia. O anche il commento alla presunta rassegnazione di Lucia, vista come una forma di “accoglienza”, come un “saper ospitare l’incomprensibile dell’esistenza”. Per niente passiva di fronte ai prepotenti, radicata nelle sue convinzioni come un’eroina di Jane Austen, sa anche che non possiamo governare cose e persone: la sua è una cognizione del limite. All’enigma insolubile della Storia, in cui “non si può che far torto o patirlo”, Manzoni contrappone, tolstojanamente, la storia segreta delle anime, e della loro resistenza. Eleonora Mazzoni ci restituisce l’immagine di uno scrittore cattolico pessimista (giansenista) e fiducioso nel valore contagioso della bontà: lo legge come un nostro contemporaneo, che preme su di noi con i suoi dubbi pascaliani. Lo trasforma in palpitante personaggio letterario e ne rivive la tormentata narrazione dell’esistenza con intima partecipazione. Il suo libro, mescolando sapientemente fiction e non-fiction, sfiora una verità che tradizionalmente appartiene allo spazio del romanzo.»