Un uomo cammina lungo le rive di un grande lago tedesco. È partito all’improvviso, dopo avere provocato una serie di “incidenti emotivi”, come lui stesso li definisce. È ripiombato nella vita di persone che non vedeva da tempo. Ha risposto a email rimaste lì per quindici anni, facendo domande fuori luogo. Ha provato a riannodare fili spezzati. Mauro Barbi, storico di professione, cerca di aggiustare i ricordi degli altri – le persone che ama e ha amato – proponendo la sua versione dei fatti. Cerca di costruire una “memoria condivisa” che lo riguarda. Ma che impresa è? Forse c’entra una Piccola era glaciale privata, un processo di raffreddamento che ha spopolato la sua esistenza. Dove sono Fiore, Arno, il vecchio Cardolini, Meri, la Ragazza belga di Madrid? Dov’è Anna? Dove sono tutti? Forse il lago a cui ha dedicato anni di studio può dargli le risposte che cerca. Vede, anzi immagina, l’immensa lastra di ghiaccio che lo copriva da sponda a sponda quattro secoli e mezzo prima. Il sole pallido su una catasta di uccelli morti. Un lunghissimo inverno che travolse l’Europa con i suoi venti polari, le grandinate furiose, le inondazioni. Una remota stagione estrema che faceva battere i denti, perdere la speranza, impazzire. Come se ne uscì? Come se ne esce? Le immagini del passato ci ingannano sempre. Barbi prova a rientrare nel presente, con tutta l’ansia e la fatica che richiedono i gesti semplici. Uno in particolare potrebbe cambiare tutto. In questo suo "Romanzo senza umani", dove gli umani sono a fuoco più che mai, Paolo Di Paolo interroga i disastri climatici delle nostre singole vite. Gli anni senza estate, i desideri furiosi come acquazzoni tropicali, le secche della speranza, il gelo che intorpidisce e nasconde. E poi il disgelo, che finalmente riporta alla luce. Che cosa ricordano, gli altri, di noi?
Proposto da Gianni Amelio al Premio Strega 2024 con la seguente motivazione:
«La Storia può diventare romanzo? Mauro Barbi, storico di professione, ha dedicato anni di studio allo stesso, remoto evento: la piccola era glaciale che nel tardo Cinquecento ha investito il territorio del lago di Costanza, in Germania. Nel frattempo, nell’era del grande caldo, è come se lui stesso si fosse congelato, e congedato dalle persone che hanno popolato la sua esistenza. È così che intraprende un viaggio: torna dopo anni proprio lì, su quel lago. Senza un vero motivo, se non quello – forse inconsapevole – di essere di nuovo presente a sé stesso. Con una lingua letteraria che colpisce per intensità, nel suo Romanzo senza umani Paolo Di Paolo affronta ancora una volta, e in modo molto originale, le domande fondanti della sua narrativa, a partire dal valore e dalla sostanza della memoria: “Cosa ricordano, gli altri, di noi?”. Un romanzo stratificato, denso e ironico, che riesce ad attraversare, lungo un viaggio, i nodi di un’intera vita, e un po’ di tutte le vite. Il rapporto con i maestri, con il corpo che si riscopre nella nudità, in un centro termale che fa pensare a Thomas Mann. E ancora, gli atti mancati che paralizzano. I pomeriggi che restano, come il presente, che è l’unica ricchezza. E anche il rapporto con ciò che studiamo, con lo scopo che diamo alla nostra esistenza, fino a dimenticarci di viverla. Al protagonista capita di raccontare – in pagine esilaranti – quella remota era glaciale nello spazio di pochi secondi di un affollato talk show televisivo. Tante domande e tanti incontri umanissimi, a dispetto del titolo. Fino a scoprire, sul piano del metaromanzo, che la possibile via di uscita, il vero gesto di coraggio, è l’atto stesso di scrivere.»