Libro candidato da Helena Janeczek al Premio Strega 2022
Esilarante e malinconico, buffo e preciso, il romanzo di Alessandro Zaccuri ci ricorda come, anche quando gli ostacoli sembrano prevalere, la scelta rimane sempre possibile e necessaria. Scegliere conviene, e conviene diventare ciò che siamo.
«A qualcuno dei nostri lettori risulterà forse strano che in un così breve giro d'ore il Cerclefleury si fosse imbattuto in tanti incontri fatali. Ma non solamente nei romanzi accade che in un'unica giornata si concentrino eventi in quantità tale che una settimana non basterebbe a contenerli.»
La Milano di metà Ottocento è una città che sa conservare i suoi segreti. Un filo invisibile, per esempio, lega l'elegante palazzo di Brera – nel quale vivono i discendenti di Cesare Beccaria – agli antri malfamati del Bottonuto, il quartiere del vizio che si nasconde tra le pieghe dell'abitato, come un bubbone sotto un vestito di gala. Lungo questa traiettoria imprevedibile, che dal salotto dell'anziana marchesina Giulia conduce alla bisca su cui regna il losco Faggini, si muove con abilità pari alla sorpresa il barone di Cerclefleury, il bell'avventuriero francese che si proclama seguace di Franz Anton Mesmer e suo discepolo negli arcani del magnetismo. Da un susseguirsi di intrighi e macchinazioni, promesse mirabolanti e destini mancati, emerge la figura di Evaristo Tirinnanzi, il contabile al servizio dei Beccaria: sarà lui, incalzato dall'ombra di un doppio che spesso prende la parola al posto suo, a guidare l'intrepido Cerclefleury nei meandri di una realtà che non è mai quella che appare, fino alla rivelazione disarmante dell'identità di quell'altro. Opera di uno scrittore in stato di grazia, Poco a me stesso è il racconto della vita ipotetica, esatta e mentita di Alessandro Manzoni: una fantasmagoria condotta sul filo dell'inverosimiglianza e sorretta da una libertà espressiva che reinventa, rendendola attuale, la lingua italiana di due secoli fa. Esilarante e malinconico, buffo e preciso, il nuovo romanzo di Alessandro Zaccuri ci ricorda come, anche quando gli ostacoli sembrano prevalere, la scelta rimane sempre possibile e necessaria. Scegliere conviene, e conviene diventare ciò che siamo.
Proposto da Helena Janeczek al Premio Strega 2022 con la seguente motivazione:
«Milano, 1841. In un'estate oppressa dall'afa, Giulia Beccaria riceve le amiche, ignara che la sua vita stia volgendo al termine. L'anziana marchesa è rimasta una donna dal carattere amabile e dalla mente appassionata formata nell'ambiente illuminista del padre Cesare. E qui finisce la parte storica di questo "componimento di storia e d'invenzione" imperniato su due personaggi entrambi alloggiati in casa Beccaria. Il barone de Cerclefleury, invitato a dimostrare la forza rigenerativa del magnetismo appreso dal Mesmer in persona, e Evaristo Tirinnanzi, che deve alla nobile benefattrice l'essere stato scelto come contabile tra i rari trovatelli di intelligenza così spiccata da aver potuto accedere agli studi. Fascinoso e sicuro di sé il barone, balbuziente e ombroso il contabile, formeranno una coppia di apparenti opposti. Ma, in un continuo gioco di specchi e di sdoppiamenti, li avvicina l'incertezza su chi siano veramente. Domanda quanto mai sofferta dal Tirinnanzi che, ignorante di chi lo abbia messo al mondo, si trova per giunta abitato da una voce che gli detta delle frasi incomprensibili. Chi è quell'altro di cui non sa liberarsi? E perché non è riuscito a liberarsi neanche dell'unico vizio, il gioco, che ora lo espone alle ritorsioni del peggior biscazziere del famigerato quartiere del Bottonuto? Dedita a imitare un potere che porta alla rovina o alla salvezza, la letteratura è gioco, invenzione, illusionismo. Presente anche dove pare minima, l'invenzione e il suo rapporto con la verità è uno dei miei chiodi fissi come scrittrice. In questo romanzo, non solo per me insolito, ho quindi molto ammirato la coerenza ideativa e la felicità del flusso narrativo. Possiamo leggere Poco a me stesso godendoci l'aspetto giocoso che riverbera nel gusto di rifare il verso al romanzesco di una volta e nel piacere di ricreare una Milano di cui sono rimaste poche tracce. Alessandro Zaccuri dev'essersi divertito a scrivere questo libro e ce lo trasmette sin dalla prima pagina. Ma nell'infanzia, quando il gioco è una cosa seria, cambiando una storia si sperimenta un potere non inferiore che nell'inventarla di sana pianta. Come sarebbe stata la nostra letteratura se il figlio di Giulia Beccaria fosse nato nel giorno in cui nacque, ma senza poter diventare il Manzoni? Sarebbe stata piena di romanzi sfavillanti di intrighi e di uno stile a bell'effetto, ma neanche lontanamente all'altezza dei Promessi Sposi. Con un esperimento mesmerista ringiovanente, un atto d'amore un po' folle come lo è il povero contabile perseguitato da quell'altro, Zaccuri ha voluto dedicare proprio questo genere di romanzo a Alessandro Manzoni.»