Proposto per il Premio Strega 2020 da Marco Cassini.
Francesco Longo ha scritto un romanzo breve che ha il respiro largo di un classico. Ci convoca in quello spazio speciale in cui tutti, ogni anno, siamo stati eterni per tre mesi – da giugno a settembre – quando l’estate finalmente spalancava le porte ai desideri andati in letargo per tutto l’inverno.
«Molto mossi gli altri mari si distende come un malinconico blues marino, un romanzo tenero e franante, un lungo addio alla giovinezza, dove "il nostro desiderio dell'eccesso" si appaga solo momentaneamente nella pienezza cristallizzata dell'attimo» - Filippo La Porta, Robinson
Rimpianti e attese, sembra non possano esistere altri stati d’animo nella Baia di Santa Virginia, una spiaggia sotto un promontorio cupo e selvaggio. Quando la radio annuncia l’arrivo di una tempesta anomala che si abbatterà sulla costa, i ragazzi che hanno passato lì tutte le estati della loro vita tornano per cavalcare le onde epiche che hanno sempre invocato. Michele, l’unico di loro a essere nato a Santa Virginia – conosce a memoria ogni quercia e sentiero del promontorio –, oltre all’allerta meteo riceve la notizia che Micol si sta per sposare. È la ragazza riccia, elegante e inafferrabile che ha conosciuto tanti anni prima, in un bagno tra i cavalloni di fine stagione. L’ha attesa e sognata giorno e notte per anni, finché non ha fatto di tutto per dimenticarla. Lei e Michele sono sempre stati sul punto di dirsi qualcosa che non si sono mai detti, perché ogni volta settembre li separava. Lui trascorre gli inverni a letto con lunghe febbri, aggiustando biciclette con il padre, osservando la luna con il telescopio, immaginando lo sbarco degli alieni, incatenato allo splendore del luogo da cui non vuole allontanarsi. Intimidito, reticente, ultimo dei romantici, diventa l’unico punto fermo del gruppo di ragazzi benestanti e abbronzati che vanno e vengono tra Roma e le loro ville al mare. È amico perfino di Guido, l’eccentrico leader della comitiva, che gli donerà la sua prima tavola da surf. Molto mossi gli altri mari disegna la mappa perfetta della nostalgia, raccontando una storia d’amore fatta solo di silenzi, cresciuta tra gli innaffiamenti automatici dei giardini e le siepi curate, alimentata da infiniti giri in canoa e in bicicletta, vissuta tra il campo da ping-pong e la splendida piscina di Guido. Un amore plasmato dai tanti tramonti incandescenti e dai riti estivi di un luogo infestato di malinconia. La luce dorata di settembre si riversa sulla scrittura stessa, una luce marina che proietta le ombre lunghe e minacciose del passaggio tra adolescenza e età adulta. Francesco Longo ha scritto un romanzo breve che ha il respiro largo di un classico. Ci convoca in quello spazio speciale in cui tutti, ogni anno, siamo stati eterni per tre mesi – da giugno a settembre – quando l’estate finalmente spalancava le porte ai desideri andati in letargo per tutto l’inverno.
Proposto per il Premio Strega 2020 da Marco Cassini: «C'è un'estate che è sempre sul punto di finire, questo 31 agosto, come ogni 31 agosto, a Santa Virginia, e l'autunno della nostra ragione che è lì alle porte, e incombe. Incombe nelle forme di una tempesta annunciata, delle lunghe onde verdastre che aprono questa storia insieme a una «coperta grigia che fodera sia il cielo che il mare», e dell'innocenza che dà segno di essersi stufata e volerci finalmente abbandonare. Le onde grandi e noi: confluiti di nuovo tutti qui per l'evento atmosferico che renderà indimenticabile l'addio all'estate e a un mare la cui presenza ci fa vivi e la cui assenza ci rende orfani. C'è anche Micol, venuta ogni agosto e ripartita ogni settembre, e oggi i cavalloni portano la notizia che si sposa; Michele – un gioco di vocali bolse e di eterne attese tra i due poli di questa storia d'amore al rallentatore –, l'unico della comitiva che tutti gli anni resta al mare anche d'inverno, sciorina la loro vicenda al sole delle estati passate e di un amore che spesso si è nascosto, a volte è sembrato manifestarsi e ora sta per andarsene davvero. Palme, banani, carrubi, pini, giunchi, ciliegi, ortensie, aranci, castagni, peschi, tigli, limoni, clematidi, meli, allori, oleandri, lecci, acacie, salici, pioppi, eucalipti, ulivi, bouganvillee, querce, peri, rovi, cactus, edera, canneti, rose, magnolie, pitosfori, agavi: la vegetazione addomesticata dei giardini dei villeggianti vuole conquistarsi spazi tra i nostri sentimenti ma i proprietari dei villini ignorano l'operosità del giardiniere d'inverno, che come il nostro cuore lavora anche negli undici mesi di solitudine. In un esordio che ha il passo di un classico, Francesco Longo ci racconta che l'amore agisce su di noi come la salsedine sulle biciclette lasciate nelle case di vacanza mentre siamo in città. Fin dalla prima pagina, il suo romanzo mi ha tenuto, ognuna delle tre volte che l'ho letto, in un continuo groppo di emozione e nostalgia, oltre che di ammirazione per la cura linguistica e la maturità letteraria. Ho ritenuto giusto segnalarlo al Premio Strega perché la sua è una voce nuova ma già importante della narrativa italiana.»