La lettura di questo libro fa aprire gli occhi e getta luce, con autorevolezza e grande capacità espositiva, sugli aspetti più controversi del nostro carattere, proponendo una lettura della storia naturale di Homo sapiens al tempo stesso convincente, sorprendente e inaspettata.
«Una teoria che non guarda alla natura come a un alibi, ma al contrario esalta la responsabilità individuale» – La Lettura
«Tra le grandi bizzarrie dell’umanità c’è l’ampiezza dello spettro morale: dalla perfidia più indicibile alla generosità più commovente» Richard Wrangham espone così il nucleo portante di questo suo nuovo, stimolante libro. La domanda che pone è di quelle eterne: fondamentalmente, l’uomo è buono o cattivo? Ha ragione Rousseau col suo «buon selvaggio» oppure Hobbes e il suo «homo homini lupus»? Non è una questione da poco, perché da questo dipende il ruolo delle istituzioni nella società. In altre parole: siamo originariamente buoni, e dunque sono le costrizioni sociali sbagliate a scatenare in noi la violenza? O, al contrario, siamo intrinsecamente cattivi e solo le istituzioni giuste ci inducono a convivere relativamente in pace? Da antropologo, Wrangham attacca il problema dal punto di vista dell’evoluzione e in questo libro risponde con una teoria sorprendente, accattivante, solida e molto ben documentata in anni di studi; una di quelle teorie che possono cambiare un intero campo del sapere. Anzitutto, ci informa Wrangham, «la combinazione di bene e male nell’uomo non è un prodotto della modernità». A giudicare dal comportamento dei cacciatori-raccoglitori di epoca recente e dai reperti archeologici, le persone condividono il cibo, si distribuiscono i compiti e aiutano i bisognosi da centinaia di migliaia di anni, ma le incursioni, il dominio sessuale, le torture e le esecuzioni erano all’ordine del giorno fin dal Pleistocene. Il dato, in pratica, sembra essere naturale e non culturale. La soluzione dell’enigma inizia a delinearsi distinguendo tra due tipi fondamentalmente diversi di violenza: quella «reattiva», a caldo, istintuale, e quella «proattiva», pianificata, a freddo. Noi umani siamo ben poco reattivi istintivamente, e dunque tolleranti tra di noi, molto più di altre specie, ma siamo anche in grado di pianificare freddamente guerre e atti efferati di ogni tipo. Insomma, siamo sia buoni sia cattivi, ma in ambiti differenti. La domanda era mal posta.
Ma com’è possibile che si sia evoluto questo comportamento divergente? Basandosi sulla comparazione con i nostri cugini più stretti, gorilla, bonobo e scimpanzé, e sullo studio dei diversi popoli, Wrangham espone il suo «colpo d’ala», proponendo che ci siamo «autodomesticati». Proprio come il cane, così mansueto, deriva dal lupo, tanto temuto, anche noi abbiamo selezionato in noi stessi la mansuetudine, tenendo intatta però la violenza proattiva, che risponde a meccanismi biologici differenti. La lettura di questo libro fa aprire gli occhi e getta luce, con autorevolezza e grande capacità espositiva, sugli aspetti più controversi del nostro carattere, proponendo una lettura della storia naturale di Homo sapiens al tempo stesso convincente, sorprendente e inaspettata.