Ravello nel 1755

Fabio Paolucci
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Editore: ABE
Collana: Catasti onciari del Regno di Napoli
Codice EAN: 9788872971635
Anno edizione: 2023
Anno pubblicazione: 2023
Dati: 144 p., rilegato
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Descrizione

Nel 2013, in occasione del Convegno di Studi: "Ravello nel Settecento: Chiesa, Società, Istituzioni", organizzato dall'Associazione per le Attività Culturali del Duomo di Ravello, Fabio Paolucci offriva un primo contributo d'insieme sugli aspetti socio-economici del territorio ravellese rivelati dallo studio del catasto onciario del 1755. Invero, l'accenno alla riforma attuata da Carlo III e al suo utilizzo come fonte storica relativamente al territorio della Costa d'Amalfi si riscontrano già dalla seconda metà del XIX secolo nelle opere di eruditi locali, a partire da quella che Filippo Cerasuoli dedicava alla Città di Majori. Nel definire gli incarichi che il Sindaco dell'Università distribuiva tra gli eletti, annoverava anche quello della formazione del catasto, in ordine alla predisposizione di bandi, ordini, inviti, processi verbali, fedi e attestazioni varie. In nota, poi, chiariva meglio la funzione dello strumento di rilevazione fiscale in questi termini: «Esiste tuttora il catasto del 1754, che dicevasi pure onciario, perché tassava per oncie (moneta) l'imponibile daziario: il quale catasto è un complesso, non tanto dello stretto suo significato, quanto del più esatto censimento, della più precisa statistica, e quasi un registro ipotecario ancora». Dopo alcuni anni, Matteo Camera, nel secondo volume delle Memorie storico-diplomatiche dell'antica Città e Ducato di Amalfi, ritornava sul catasto carolino, facendone menzione non solo in un "succinto ragguaglio" relativo all'imposizione del focatico, ma soprattutto nella narrazione delle vicende generali del Regno di Napoli nel corso del XVIII secolo. Infine, l'onciario veniva utilizzato dallo storico amalfitano a proposito del patrimonio boschivo del Comune di Scala, tassato nel 1754 «per annui ducati dugento e per legnami e carboni». Bisognerà, tuttavia, aspettare la metà degli anni Sessanta del Novecento perché il catasto onciario cominciasse a divenire un osservatorio privilegiato per la ricostruzione di alcuni particolari momenti della Costa d'Amalfi nel Settecento. Fu, appunto, un fortunato saggio di Franca Assante, La ricchezza di Amalfi nel Settecento, ad avviare un sistematico utilizzo del catasto per la definizione delle vicende demografiche e sociali, per l'individuazione delle categorie professionali e delle attività industriali del capoluogo costiero. Se tante sono le suggestioni stimolate dallo studio di questa fonte insostituibile, dobbiamo essere grati a Fabio Paolucci per avercelo nuovamente ricordato, magari con l'accorata esortazione di un collega riferita in anni lontani da Augusto Placanica: «Catasti! Catasti, ma andate a studiare i catasti!». Dott. Salvatore Amato