Il ducato e Napoli medievale, le origini di una grande capitale

Antonio Vito BocciaGennaro De Crescenzo
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Editore: ABE
Collana: Notai e avvocati del Regno di Napoli
Codice EAN: 9788872973677
Anno edizione: 2024
Anno pubblicazione: 2024
Dati: 128 p., brossura
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Descrizione

Questo testo intende rappresentare un primo tentativo di ricostruzione complessiva dell'ormai dimenticato periodo alto-medievale, vissuto dalla città di Napoli. Forse per le obiettive difficoltà di reperire fonti, noi oggi ci troviamo di fronte a un autentico paradosso: conosciamo di fatti la storia della Napoli greca e di quella romana, ma sul cosiddetto "ducato di Napoli" (definizione che utilizzeremo solo per esigenze di sintesi e semplificazione) - peraltro un periodo complesso e lungo oltre seicento anni (VI-XII secolo) - le ricerche e gli approfondimenti sono sempre stati limitatissimi. Ad esempio, se nel passato (magari per la storia della Napoli borbonica) la storiografia ha spesso utilizzato la categoria della "damnatio memoriae", per quella del ducato napoletano sono molto evidenti alcuni elementi ulteriori, come la scarsa presenza di fonti documentarie di secondo grado, unita all'assenza quasi totale di tracce archivistiche (scarsissime quelle archeologiche). Se non deriva da tali obiettive difficoltà, la curiosa dimenticanza di un periodo storico così importante potrebbe essere conseguenza di una precisa scelta… Tutto questo potrebbe essere legato ad una scelta, prima culturale e poi sostanzialmente politica: è qui che si inserisce quel dibattito che si accese, all'indomani dell'unificazione italiana, fra i sostenitori di una cultura italiana e internazionale, e quelli che sostenevano, invece, la necessità di una cultura ancora "napoletana" (nel senso più ampio del termine, associandola cioè all'idea di una nazione napoletana/meridionale). Da un lato, in realtà, c'erano l'identità, le radici e l'orgoglio: con una storia che partiva dalle remote origini greche della città che, con una sua continuità e una sua coerenza, arrivava fino ai Borbone; e, dall'altro, le tesi post unitarie di chi riteneva inutile, dannoso e superato lo studio di quel percorso, per fare spazio a nuove storie, a nuove radici e nuove identità.